IL CASTELLO DI POLCENIGO
La storia di Polcenigo comincia con il suo castello. Il colle sul quale sorge il castello quasi certamente ospitò un insediamento fin dalla preistoria.
Venne utilizzato in seguito da romani e longobardi e da tempo immemorabile è stato il dominio della famiglia omonima, secondo la tradizione discesa dai francesi conti di Bois.
La tradizione locale vuole attribuire la costruzione del castello a Peterlino di Polcenigo nel 943, anche se non ci sono testimonianze certe di questo. L’unico dato sicuro è che nel 963 il castello di Polcenigo esisteva, ed esiste un documento con il quale l’imperatore Ottone I lo donava a Giovanni Vescovo di Belluno, che a sua volta investì del feudo il capitano d’arme Fantuccio, rappresentante di una famiglia che divenne quella dei conti di Polcenigo. I feudatari diventarono poi vassalli del Patriarca di Aquileia e presero parte al Parlamento della Patria con la prerogativa di “nobili liberi”.
Nel 1200 il castello ebbe il suo borgo ai piedi del colle e da allora Polcenigo ebbe grande sviluppo che non si arrestò neppure durante la dominazione veneziana.
L’antica fortezza medievale sorgeva in posizione strategica in cima ad una collina e probabilmente era una costruzione molto semplice con una o più torri, il mastio, un recinto di pietra e pali di legno e un fossato non necessariamente colmo d’acqua. Col tempo il maniero fu circondato da vari giri di mura in pietra delle quali rimangono ora sono pochi brandelli atterrati e persi nella vegetazione.
Purtroppo questa fiorente crescita del castello e del borgo fu bloccata nel 1411, quando i friulani incendiarono il borgo di Polcenigo e coinvolsero e danneggiarono anche il castello. Dal 1730 il castello fu dichiarato “caduto in rovina”.
Intorno al 1738 cominciano i primi lavori di ristrutturazione del castello ad opera dei conti di Polcenigo. La critica ha finora attribuito il progetto della villa castello al veneziano Matteo Lucchesi vissuto tra il 1705 e il 1776, zio del famoso incisore Giambattista Piranesi.
Luigi Nono scrive che i moderni proprietari vollero “un palazzo elegante con tutte le comodità possibili adorno all’interno di stucchi, di pitture, di specchi, di arazzi, coi caminetti alla francese e la sala da ballo con la ringhierra ed altre raffinatezze che ne rendevano delizioso il soggiorno”. La costruzione del palazzo fu assai costosa, circa 200.000 ducati, e prolungata nel tempo almeno fino al 1750.
Abitato per circa un secolo, verso la metà dell’ottocento l’edificio si trovò coinvolto in una controversa ereditaria tra i conti di Polcenigo e rimase abitato fino al 1840-1845. Dopo questa data seguì la rovinosa decadenza dovuta soprattutto alla noncuranza dei numerosi proprietari e all’abitudine di utilizzare questa opera come una cava di materiali lavorati.
Nel 1886 il castello è ceduto in un’asta giudiziaria a Vincenzo Mez; in questi anni la scalinata venne smantellata e venduta a pezzi per costruire il sagrato della vicina chiesa di Vigonovo.
Nel 1893 la particella catastale è divisa: la parte che comprende il terreno è proprietà di Antonio Curioni, mentre la parte che comprendeva il castello è di proprietà dei Mez.
Nel 1901 divenne proprietario Riccardo Chiaradia di Caneva che ne propose la demolizione.
Nel 1906 il castello ritorna alla famiglia Polcenigo; durante la prima guerra mondiale fu danneggiato dalle incursioni austriache e dal bombardamento del 7 novembre 1917. Immediatamente dopo la guerra il castello viene nuovamente venduto, sempre senza alcuna manutenzione, e nel 1954 è di proprietà dell’artista pordenonese Ado Furlan.
Danneggiato ulteriormente dal terremoto del 1976, ormai in ruderi fu consolidato nel 1979 a opera della Regione Friuli Venezia Giulia. Lo stesso anno diventa di proprietà comunale.
Di questo edificio oggi purtroppo molte parti sono andate perdute: la cappella di S. Pietro, le dipendenze, il tetto, il salone da ballo e la scalinata di 365 gradini che scendeva fino al borgo.
Lavori di restauro ne hanno comunque conservato le mura perimetrali e tutto il suo fascino.
Sono ora in corso lavori per il consolidamento dei muri di terrazzamento della collina al fine di renderla un parco pubblico.