SANTUARIO DELLA SANTISSIMA TRINITA’

Le prime notizie documentarie sulla chiesa alle sorgenti della Livenza risalgono al XIV secolo, ma l’edificio è forse più antico. Si è ipotizzato che sia sorto al posto di un antico tempio pagano, ma mancano per ora prove certe al riguardo.

Già nel 1400 il santuario era comunque oggetto di grande devozione e di pellegrinaggi per la fertilità e contro la siccità.
Nel 1588, per meglio disciplinare la moltitudine di fedeli e l’irregolare tenuta dei conti, furono chiamati da Veneziani frati francescani osservanti, che edificarono dietro la chiesa un convento, ora del tutto scomparso
I francescani, che rimasero fino al 1769 a gestire l’afflusso di devoti, riedificarono tra fine 1500 e inizi 1600 il santuario, che ancor oggi si presenta nelle fattezze tipicamente controriformistiche assunte in quel periodo: ampio portIco antistante
l’ingresso, che ospitava i devoti durante la notte, portale sormontato dal tipico stemma francescano, aula unica di grandi dimensioni, vasto presbiterio rialzato e cripta sottostante.

Vi sono ospitate diverse opere d’arte di notevole rilievo, tra le quali domina senz’altro il monumentale e scenografico altar
maggiore ligneo d’epoca seicentesca, forse dei Ghirlanduzzi di Ceneda, ricco di fregi e dorature, che racchiude una preziosa ancona lignea, scolpita e dipinta nel 1494 da Domenico da Tolmezzo, raffigurante la Santissima Trinità: opera grandiosa, fra le più alte del Tolmezzino, che per l’ occasione si cimentò anche nella pittura di quattro delicati Angeli adoranti all’interno della stessa edicola.
Accanto all’ancona spicca il monumento funebre, ornato di elmi, corazze e cannoni, dedicato nel 1642 al conte Gio Batta di Polcenigo, valoroso condottiero.
Alle pareti si notano vari affreschi di argomento religioso d’ignoti autori, risalenti a un periodo che va dalla fine del XVI secolo alla prima metà del XVII: fra tutti, un cenno meritano le figure di Mosè, di Davide e delle Sibille.
In alcune lunette del presbiterio sono raffigurati Episodi della vita di Gesù, mentre dietro l’altar maggiore si trovano un magnifico coro ligneo seicentesco decorato con l’aquila bicipite, della quale si fregiavano i conti di Polcenigo, e alcuni dipinti, alcuni monocromi e altri policromi.
Altri interessanti affreschi con soggetti religiosi (XVII sec.) ornano le pareti della vicina sacrestia, che conserva anche
alcuni ceppi ferrei, donati secondo la tradizione, dai conti Marzio e Gio Batta di Polcenigo, fatti prigionieri nel 1606 dai Turchi e poi liberati dopo il pagamento di un ingente riscatto.
Sempre nella sacrestia si trovano alcune curiose teste lignee, forse seicentesche, raffiguranti Gesù, le Tre Marie e personaggi in abito di foggia orientale, probabilmente parte di un antico gruppo scultoreo che costituiva un Compianto sul Cristo morto 0 qual cosa di simile, nonché un manichino, snodabile e vestito, di San Francesco e una serie di quadretti della Via Crucis settecenteschi.
Nella cripta sotto l’altare si trovano oggi un Cristo morto d’epoca moderna e tre statue lignee (le Tre Marie) d’incerta datazione.
Nei quattro altari laterali, tre lapidei e uno invece ligneo, trovano posto una pala di pittore veneto-friulano (fine
XVI-inizi XVII sec.) con la Madonna col Bambino e i santi Barbara, Pietro e Paolo, un altro dipinto di pittore
palmesco, vicino ai modi di Matteo Ingoli (inizi XVII sec.), con altra Madonna col Bambino e i santi Antonio abate, Marco e Francesco con donatore e stemma dei conti Manin, un altare ligneo intagliato e dorato di San Francesco, pure del XVII sec., e infine una statua lignea della Madonna Immacolata (detta però popolamente Madonna del Latte), forse settecentesca, alla quale accorrevano in passato le donne che non riuscivano ad allattare.

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