IL BORGO DI POLCENIGO

Abitato fin dalla notte dei tempi, Polcenigo è una vera e propria sorgente di storia, architettura e arte, alimentata ogni giorno dalla bellezza della natura e dalla possibilità di vivere esperienze autentiche tra gente nota per la sua ospitalità.

La storia medievale di Polcenigo e di un’ampia zona molto più ampia rispetto agli attuali confini comunali (estesa anche su Budoia, Fanna, Cavasso), è in larga misura strettamente legata a quella dell’omonimo castello e dei signori che da quello presero il nome.
Il primo fatto certo sta nella prima citazione del castello polcenighese, che risulta di competenza
imperiale, sorto  in epoca imprecisata, anteriore comunque alla metà del X secolo, in un territorio che era stato ininterrottamente occupato da insediamenti romani e poi longobardi. Sulla struttura materiale del fortilizio ben poco sappiamo: all’inizio si parla solo del fossato, che fungeva da confine di un ambito rurale già distinto dallo spazio castrense.

Nel 963 (10 settembre) l’imperatore Ottone Il, da San Leo, donava numerosi beni, raggruppati principalmente in masserie e territori nell’area occidentale del Monte Cavallo, a Giovanni, vescovo di Belluno che in questo modo estendeva la sua sfera di influenza e dominio verso il piano e pedemonte. Non si parla esplicitamente del castello in sé, che comparirà invece in rinnovi successivi (fino al 1031), segno che i vescovi di Belluno 0 già lo detenevano oppure lo ebbero in epoca immediatamente successiva.
Possiamo ritenere che la famiglia che custodiva il castello di Polcenigo per conto dei vescovi assumesse importanza e, anche, autonomia di iniziativa, poiché’ quando se ne incontra testimonianza nella documentazione del XII secolo, vediamo che il casato agisce di propria iniziativa nelle faccende interne del patriarcato aquileiese e pure nelle cose della Marca, detiene l’incarico dell’avvocazia della Chiesa bellunese (compito riservato ai gruppi sociali più consistenti e potenti)”, allorché si forma il Parlamento della Patria del Friuli, avrà posto tra i nobili liberi, poiché inoltre nel contempo aveva costituito una propria signoria rurale su due territori distinti della Pedemontana, da un lato a Polcenigo e Budoia, dall’altro a Fanna e Cavasso,  allo sbocco del Meduna dalla Val Tramontina, a ridosso della roccaforte concordiese di Meduno,

Nel 1290 il castello di Polcenigo funzionava come centro di una giurisdizione, distinta amministrativamente in due porzioni, l’occidentale gravitante sull’area delle sorgenti liventine
e l’orientale imperniata su Mizza, ma presente nel Parlamento della Patria del Friuli con una sola
«voce» e unitariamente gestita dalla famiglia. Ne fanno fede gli statuti emanati dai signori di Polcenigo nel 1301 e riediti nel 1356, che avevano valore egualmente nei villaggi a Est e a Ovest del dominio signorile . La loro lettura offre l’immagine di una società multiforme, complessa ed evoluta“, la cui genesi immediata va collocata negli avvenimenti del XII-XIII secolo, con la formazione e
lo sviluppo del borgo all’esterno del castello, che affiancò i preesistenti insediamenti rurali, organizzati in villaggi (ville). Vi riconosciamo senz’altro l‘azione della volontà signorile, ma anche l’iniziativa e l’intervento delle comunità, coni propri specifici ordinamenti. Attraverso gli statuti, sappiamo
che nel XIV secolo erano presenti a Polcenigo attività tessili, osterie, taverne, rivendite di generi
alimentari, falegnami, fabbri; era inoltre vivo un mercato locale delle eccedenza della produzione
agricola di grano e vino.
La signoria si poneva al centro dell’organizzazione politica, amministrativa e giudiziaria, con  importanti riflessi, di regolamento e di controllo, nella vita economica. Le varie espressioni delle
comunità, rurale e borghigiana, pur disponendo di spazi di intervento, erano chiamate a concorrere
alla tenuta in atto del castello e degli approntamenti difensivi, ai turni di guardia, al pattugliamento
preventivo delle campagne, spesso più in funzione di polizia interna che di custodia esterna. E tuttavia, la pattuizione statutaria impegnava anche i signori al rispetto e alla salvaguardia delle norme
da loro stessi promulgate in un momento di notevole dinamismo locale.

All’incremento demografico e all’articolazione economica fece seguito l’accentramento plebanale nell’area più propriamente castellana, con lo spostamento della sede ecclesiastica dall’antica
e rurale San Giovanni alla nuova e urbana Ognissanti, ciò che avvenne a decorrere dalla seconda
metà del Trecento. Ma fin dalla prima metà del secolo precedente (la prima citazione è del 7 agosto 1262) – e dunque a non molti decenni di distanza dalla morte di san Francesco d’Assisi – era
attivo in ambito castrense il convento dei frati minori di San Giacomo.

Accanto all’agricoltura e all’allevamento, tra “500 e ‘800 a Polcenigo esistevano parecchie attività artigianali e commerciali (sarti, cappellai, calzolai, pellicciai ecc.), legate soprattutto alla presenza di una schiera di ricche famiglie nobili e borghesi, insieme ad altre di più largo giro d’affari, come fabbri, muratori, carrettieri ecc. Una menzione particolare va fatta per i parecchi “taiapiere” (scalpellini) locali, autori in genere di dignitose opere artigianali (archi, portoni, scalini, erte di porte e finestre, poggioli) e talvolta di vere e proprie opere d’arte (altari, statue). Un cenno meritano anche i vari mulini che, sfruttando l’acqua del Gorgazzo e del Livenza, macinavano grano, orzo e mais (in certi periodi a Polcenigo se ne contavano anche sei contemporaneamente in attività) e, sempre mossi dalle acque locali, le segherie, il follo da panni sul Gorgazzetto e il battiferro sul Livenza, esempi di attività economiche protoindustriali ancor oggi in parte conservate (vedi il mulino Modolo, già dei conti Fullini, con la ruota di legno ancora esistente, e il mulino-segheria Sanchini, già dei conti di Polcenigo). Altra attività economica di una certa importanza, anche se limitata agli abitanti di Coltura e in particolar modo di Mezzomonte, era la produzione in montagna di carbone di legna, che avveniva attraverso una lunga e faticosa procedura.

Le varie borgate polcenighesi manifestano tra il XVI e il XIX secolo le loro profonde differenze socio-
economiche: a Polcenigo risiedevano nobili, ricchi borghesi, bottegai e artigiani, spesso provenienti da altre zone (Veneto, Carnia ecc.)), mentre a Coltura, Range, Gorgazzo e San Giovanni vivevano contadini e qualche raro artigiano. Un posto a parte occupava Mezzomonte, i cui abitanti si dedicavano più alla
pastorizia e alla silvicoltura che all’agricoltura.

La scena economica e sociale polcenighese era dominata già dal Medioevo dalla famiglia dei “di Polcenigo” (va ricordato che solo dal ‘400 in poi essi sono definiti “conti”, mentre anteriormente erano detti soltanto “nobili”). I di Polcenigo erano proprietari di centinaia di terreni, di opifici idraulici (mulini, segherie, follo), di filatoi per la seta, di svariate case, alcune signorili, altre invece rurali, affittate ai contadini. Accanto a loro, si affermarono nel XVII secolo altre due famiglie, i Manin e i Fullini. l primi, ricchissimi mercanti e finanzieri udinesi, acquisirono tra il 1607 e il 1608 una parte del feudo di Polcenigo (un ramo della famiglia comitale polcenighese aveva dovuto vendere due terzi dei “carati ” che le spettavano per riscattare due suoi membri caduti prigionieri dei Turchi). l Manin incrementarono poi il loro patrimonio terriero nella zona con ulteriori acquisti, fino a gareggiare con i di Polcenigo come maggiori possidenti locali. Verso la metà dell’Ottocento, per ragioni non ancora ben accertate, i Manin vendettero le loro proprietà polcenighesi e sparirono dalla scena. I Fullini invece erano originari di Tambre, nell’Alpago; trasferitisi a Polcenigo nel ‘500, si arricchirono con azzeccate attività mercantili e agricole, tanto da poter comprare alla fine del Seicento il titolo “vacante” di “conti di Zucco, Cuccagna e Partistagno” (nell’Udinese, vicino a Faedis). Anche i Fullini vantavano enormi possedimenti fondiari sia Polcenigo che nella vicina Budoia, e anche loro – come i Manin – sparirono nella seconda metà dell’Ottocento, lasciando spazio a una serie di famiglie della piccola borghesia che si erano arricchite col commercio e che ben presto acquistarono le proprietà già appartenute ai Manin e ai Fullini e, gradualmente, subentrarono anche ai di Polcenigo, obbligati questi ultimi sempre più a restringere i loro affari e a svendere case e terreni.

Nell’Ottocento, nonostante l’abbondanza di acque e i preesistenti opifici idraulici, non presero avvio a
Polcenigo attività industriali degne di nota, anzi, quelle tradizionali (mulini, filatoi per la seta) andarono in crisi e dovettero una dopo l’altra chiudere. L’agricoltura e l’allevamento intanto rimanevano sostanzialmente arretrati e poco produttivi, non riuscendo a fornire lavoro e cibo a una popolazione in forte crescita (4479 abitanti nel 1867). Prese cosi particolare vigore l’emigrazione, che era già ben conosciuta in zona almeno a partire dal ‘500: moltissime persone, sia uomini che donne, furono spinti dalla necessità a emigrare in cerca di lavoro. Le mete inizialmente furono Trieste e soprattutto Venezia, dove i Polcenighesi facevano principalmente i facchini, i portatori d’acqua, i manovali, i tagliapietra i segatori di tavole e – più tardi – i cuochi e i camerieri, mentre le donne si disimpegnavano come serve o balie. Si trattava spesso di un’emigrazione stagionale, che durava qualche mese dell’anno, ma che a volte diventava definitiva. Più tardi, nella seconda metà dell’Ottocento, si verificarono rilevanti flussi migratori verso gli stati dell’ex Impero Austro – ungarico, la Germania e, in seguito, verso Francia e Belgio. Intorno al 1875 – 85 numerose furono le famiglie che si trasferirono per sempre in Sud America, particolarmente in Brasile e Argentina, mentre consistente ma più diluita nel tempo, tanto da giungere fino al secondo dopoguerra fu pure l’emigrazione negli Stati Uniti,  in Canada e in Australia.

Il flusso migratorio si è interrotto solo negli ultimi decenni, grazie ad un’agricoltura più moderna e razionale, ad attività collegate al turismo e soprattutto al sorgere di varie imprese artigianali e poi industriali che hanno potuto fornire lavoro e ricchezza in loco.

Utili da scaricare

Informazioni utili
  • Telefono

    +39 0434 74001 Ufficio Cultura

  • E-mail

    cultura@com-polcenigo.regione.fvg.it

    borgocreativopolcenigo@gmail.com

Share Button